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Montagne da scalare


Amare noi stessi e credere in noi è la base per avere un buon livello di autostima.


Ma crederesti in qualcuno che nei fatti ti ha sempre dimostrato il contrario di quello che dice?


Se ci sentiamo delusi da come ci muoviamo nel mondo, perché non riusciamo a comportarci come vorremmo e ottenere i risultati che desideriamo, la nostra autostima non aumenterà mai, anzi la andremo continuamente a erodere.


D'altronde, è solo agendo e dimostrandoci che ce la possiamo fare che aumenteremo la nostra autostima.


E allora?


  • Bisogna abbassare l’asticella, quella del “se non sei perfett* non vali niente” che c’è in noi.

  • Celebrare i successi – cioè tutti i risultati che otteniamo, licenziando il giudice interiore che ci dice cosa è un successo e cosa no.

  • Non fare confronti se non con noi stessi. Prendiamo per mano il nostro bambino interiore e accompagnamelo con affetto. Si sa, i bambini sbagliano, cadono, fanno cose stupide e banali. Ma nessuno li rimprovera per questo perché stanno imparando.


Cose che per altri sembrano facili come bere un bicchier d’acqua, a noi possono sembrare montagne da scalare. Ed in effetti lo sono.


Ne dico qualcuna presa dalla vita quotidiana: prendere la parola a una riunione, far valere le proprie ragioni, parlare in pubblico, conoscere gente nuova ad una festa, a volte anche chiedere informazioni, chiacchierare col parrucchiere, dire ad alta voce la risposta anche se la sappiamo prima degli altri, andare volontari per un compito, vestirci appariscenti, chiedere un aumento, negoziare condizioni migliori (anche solo dire al collega di parlare a voce più bassa).


Arrossire, balbettare, sudare, rimanere senza fiato, aver voglia di piangere, di fuggire, di sotterrarci sono alcuni sintomi dei rapimenti emotivi di cui siamo preda quando ci sentiamo a disagio.


Non ci sono elicotteri per arrivare in vetta, bisogna procedere passo dopo passo, suonando il gong a ogni tornante.


La cosa positiva è che le PAS imparano in fretta e quando riescono a guardarsi con altri occhi diventa tutto più semplice.


E’ quello che in inglese viene bene espresso dal termine self-compassion che racchiude il concetto di essere gentili verso sé stessi piuttosto che essere giudicanti, sentirsi parte di un modo “umano” di sentire piuttosto che soli e isolati, e rimanere focalizzati su ciò che c’è nel presente e nel nostro sentire (mindfulness) piuttosto che rimuginare, proiettare o giudicare noi stessi e la nostra vita.

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